Quante volte abbiamo ascoltato l’espressione ‘sbagliando si impara’?
La iniziamo ad ascoltare sin da quando siamo piccoli, quando stiamo imparando ad andare in bicicletta, o stiamo affrontando le prime addizioni, o ancora quando incominciamo a leggere dapprima le letterine, poi le sillabe e infine intere frasi e testi.
Si può dire che quindi questo motto è diventato quasi un mantra da ripetere ogniqualvolta si inciampa nel percorrere una strada. Una tappa quasi inevitabile se si vuole imparare. Non si può non concludere quindi che sbagliare non è un punto di arrivo, bensì un punto di partenza, per apprendere appunto.
Chiunque si può dichiarare d’accordo con il significato sottostante tale espressione, ma se questo modo di dire fosse solamente un elegante abito con cui camuffiamo la nostra frustrazione di aver commesso un errore? Se avessimo trasformato questa espressione a mera formalità, a strategia per non compromettere l’autostima di nostro figlio quando sbaglia il risultato di un’espressione o sbaglia la risposta di una domanda di comprensione?
Cosa succederebbe se recuperassimo la vera essenza di questo modo di dire fino a trasformarla in un principio essenziale del nostro educare? Se potessimo guardare all’errore come qualcosa che fa parte della vita umana non già da demonizzare, bensì da accogliere come passaggio che per davvero può aiutarci a far comprendere meglio la procedura di una divisione o di un altro algoritmo.
Non un semplice cambio di mentalità, ma una vera e propria rivoluzione culturale, che rifiuta l’ossessione del perfezionismo abbracciando la gioia dell’imparare con tutte le sue fatiche e cadute. Le riflessioni di un famoso sociologo e accademico statunitense Richard Sennet ci accompagnano su questa strada. L’errore è un elemento indispensabile per poter apprendere la tecnica a patto che si abbia il coraggio di essere disposti a sbagliare.
Esatto, essere disposti a sbagliare, il musicista deve essere disposto a suonare note stonate per poter arrivare a suonarle correttamente, il calciatore deve essere disposto a sbagliare un rigore se vuole sviluppare la padronanza e avere il coraggio di batterlo in partita, lo studente deve essere disposto a sbagliare la coniugazione di un verbo, il risultato di un’equazione per poter sviluppare abilità e conoscenze necessarie. Ciò è estremamente difficile in una società che cerca di mettere al bando da qualsiasi campo di gioco l’errore ricercando nel perfezionismo il senso ultimo dell’educare. Invece scopriamo qualcosa di estremamente umano che le nostre vite ci hanno abituato a demonizzare ossia l’errore.
Per sviluppare un’abilità, dice Sennet, è importante un dialogo continuo tra l’eseguire il compito in modo corretto e la sperimentazione dell’errore. Per correggerci è necessario avere il desiderio di sostare nell’errore, comprenderlo, senza pregiudizi e senza che esso diventi l’immagine di un nostro fallimento. ‘Quando il musicista è riuscito a suonare correttamente una nota o una frase più di una volta, ecco che non è più terrorizzato da quell’errore’[1].
Simone Gamba I Psicologo
Centro di Psicologia Agape
[1] Richard Sennet, L’uomo artigiano. Feltrinelli Editore, 2008.
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